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Alimenti a zero calorie: la moda del light e zero

Il termine “light” è stato coniato per descrivere un alimento alleggerito dal punto di vista calorico. Col trascorrere del tempo, ha assunto il significato di “stile di vita corretto“.

I prodotti alimentari contrassegnati dalla dicitura “light” vantano, negli ultimi 10 anni, un trend di consumo in continua e prepotente ascesa nel contesto del mercato mondiale. L’aumento della loro diffusione nei paesi dell’Unione Europea ha reso necessaria l’emanazione di normative specifiche per la tutela dei consumatori in termini di sicurezza, qualità e affidabilità del prodotto. 

In Italia il primo spot pubblicitario risale al 1990 e promuoveva un formaggio spalmabile con il 40% di grassi in meno rispetto al corrispettivo tradizionale.

 

Indice

 

Quando un alimento è ritenuto light: le direttive dell’Unione Europea

Secondo le direttive dell’Unione Europea un alimento può essere definito light se presenta un contenuto nutritivo e calorico ridotto del 30%. La limitazione delle calorie può essere ottenuta con la riduzione degli zuccheri oppure dei lipidi. 

  • Nel primo caso vengono utilizzati i dolcificanti ipocalorici artificiali o naturali. Alcuni dolcificanti ipocalorici, come il Ciclamato e la Saccarina, vengono classificati come probabilmente dannosi per la salute, poiché vari esperimenti effettuati sugli animali ne hanno dimostrato la cancerogenicità; riguardo l’Aspartame, persistono accesi dibattiti riguardo il possibile effetto neurotossico. 
  • Nel secondo caso vengono utilizzati dei miscugli a maggior contenuto di acqua oppure dei surrogati artificiali dei lipidi che attraversano l’intestino senza subire i processi digestivi. Riguardo questi composti permane il timore che possano compromettere l’assorbimento di alcuni farmaci e l’assimilazione delle vitamine liposolubili (A, D, E, K).

Alimenti a zero calorie: davvero fanno dimagrire?

La principale motivazione che spinge il consumatore alla scelta del cibo light è mossa dalla speranza di un repentino calo ponderale o di un maggior controllo del peso corporeo. Scelte che appaiono linearmente associate alla convinzione che light e salutare siano termini intercambiabili, tuttavia, tale atteggiamento non è privo di criticità. 

Appare sempre più evidente che la diffusione degli alimenti light induca al consumo di porzioni più grandi. La consapevolezza di assumere meno calorie spinge a mangiare e bere di più nell’arco della giornata, azzerando di fatto il deficit calorico preventivato. Negli Stati Uniti vengono commercializzati più di 5000 prodotti light, tuttavia, il copioso elenco non ha influito sulla riduzione dei tassi di obesità caratteristicamente elevati tra la popolazione americana. 

Per citare un esempio: il burro classico, per definizione, non deve esibire un contenuto in materia grassa inferiore all’80%. Il burro light è in due versioni:

  • “leggero a ridotto tenore di grasso” che ne contiene circa il 60% 
  • “leggero a basso tenore di grasso” che ne contiene circa il 40%

Anche nella più leggera delle opzioni, il burro rimane un prodotto costituito quasi per la metà da grassi saturi. Bisogna, dunque, prestare attenzione a non lasciarsi ingannare dagli slogan pubblicitari. 

Alimenti a zero calorie: l’aspetto nutrizionale ed economico

Riguardo l’aspetto nutrizionale degli alimenti light è opportuno sottolineare che per ottenere un prodotto dal gusto gradevole e duraturo nel tempo è necessario l’impiego di additivi. I processi industriali, comportano la perdita di importanti componenti quali le vitamine o gli acidi grassi essenziali.

Nel bilancio generale bisogna includere la componente economica e informare che i prodotti light costano dal 10 al 30% in più del corrispettivo tradizionale. Il paradosso consiste nel pagare di più per alimenti che costano di meno. Ad esempio: nella maionese light parte dell’olio è sostituito dall’acqua, il cioccolato light contiene meno burro di cacao, la mozzarella light e lo yogurt magro sono ottenuti dal latte scremato, meno costoso rispetto al prodotto intero.

I nuovi prodotti light: la moda dei prodotti “ZERO”

In tempi recentissimi si assiste ad una tendenza ancora più severa e la dicitura “LIGHT” lascia spazio alla più accattivante insegna “ZERO”. Di qualsiasi alimento esiste ormai la versione zero: bevande analcoliche, yogurt, formaggi, carni lavorate, insaccati, pesce inscatolato e chi più ne ha zero ne metta.

Il consumo di alimenti zero comporta le stesse perplessità che caratterizzano la controparte light ma il rischio di fraintendimento e confusione da parte del consumatore è ulteriormente aumentato. Quando leggiamo il termine “Zero” il nostro cervello immagazzina il messaggio che l’alimento non ingrassa e rappresenta il nulla osta per un consumo indiscriminato.

Il marketing utilizza strategie estremamente funzionali nel trasmettere il messaggio pubblicitario. Zero non si riferisce al contenuto calorico complessivo del prodotto ma ad uno solo dei macronutrienti. Un alimento può essere privo di grassi ma contenere elevate concentrazioni di carboidrati semplici.  Ad esempio può vantare l’assenza di zuccheri aggiunti ma contenere gli zuccheri naturalmente presenti. Una barretta proteica può esibire la dicitura “zero carb” ma contenere una percentuale elevata di grassi, raccogliendo indebitamente il favore degli atleti.

La ricerca ossessiva del fisico perfetto e la prepotente spinta pubblicitaria hanno manipolato le nostre scelte commerciali, invogliandoci a pagare sempre più per avere sempre meno fino al punto da volere addirittura zero.

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