La sindrome dell’intestino irritabile rappresenta uno tra i più frequenti disturbi gastroenterologici.
L’apparato digerente rappresenta la principale interfaccia tra il mondo esterno e l’interno del nostro organismo. In particolare, l’intestino copre una superficie di circa 300 metri quadri, è lungo 7 metri e contiene il 70% del microbiota umano.
Il microbiota altro non è che la flora intestinale. In un uomo di 70 kg è composto da circa 39 mila miliardi di batteri che generalmente vivono in condizioni di equilibrio, sia qualitativo che quantitativo, con le nostre cellule (eubiosi).
L’alimentazione sregolata, lo stress, l’abuso di farmaci e altre condizioni patologiche possono alterare l’equilibrio e modificare la permeabilità intestinale, favorendo una crescita sproporzionata della flora “opportunista” che diventa patogena (disbiosi).
Quando si verificano questi eventi avversi, gli antigeni e le sostanze tossiche e possono attraversare la barriera intestinale, evolvendo in patologie quali:
- sindrome dell’intestino irritabile
- sindrome dell’intestino infiammato
- allergie alimentari
- tumori intestinali
- malattie autoimmuni
- sindrome da fatica cronica
- patologie dermatologiche
- disfunzioni epatiche
- diabete di tipo I
- cardiopatie
In questo ambito, supplementi alimentari, alimenti funzionali e nutraceutici, associati ad uno stile di vita sano ed equilibrato, mostrano potenziali benefici, soprattutto a carico dei sintomi quali nausea, vomito, stipsi e diarrea, in fase iniziale.
In Europa, la sindrome dell’intestino irritabile colpisce una percentuale variabile tra il 10% e il 20% della popolazione, la maggior parte di sesso femminile. Il picco della prevalenza è tra i 20 e i 30 anni; tuttavia, i soggetti generalmente ricorrono alle cure mediche tardivamente rispetto all’insorgenza della sintomatologia.
Indice
Sindrome dell’intestino irritabile: diagnosi e sintomi
La diagnosi della sindrome dell’intestino irritabile viene effettuata “per esclusione” dal momento che non sono ancora stati individuati biomarker specifici di malattia. Pur non essendo associata allo sviluppo di malattie gravi, determina un impatto notevole sulla qualità di vita e sui costi sanitari.
La patologia è caratterizzata da:
- gonfiore o sensazione di distensione addominale
- disturbi dell’evacuazione
- dolore o sensazione fastidiosa a livello addominale
- alterata consistenza delle feci e possibile presenza di muco bianco
La causa della sindrome dell’intestino irritabile non è ancora ben definita, tuttavia si ipotizza che dipenda da alterazioni della motilità e ipersensibilità intestinale, alterazioni della barriera muscosa, disturbi immunitari, alterazioni del microbiota, sindrome da contaminazione batterica.
Sindrome dell’intestino irritabile: terapia e dieta
La terapia della sindrome dell’intestino irritabile prevede varie tipologie di farmaci (anticolinergici, antidiarroici, lassativi, oppioidi, attivatori del canale del cloro, antiguanilato ciclasi) in associazione a ipnoterapia, attività fisica, agopuntura e misure dietetiche a basso contenuto di FODMAPs.
FODMAPs è l’acronimo per “Fermentable Oligosaccaridhes, Disaccaridhes, Monosaccarisidhes and Polyiols” cioè saccaridi e polioli che vengono assorbiti in maniera incompleta dall’intestino e che, fermentando, possono causare i sintomi caratteristici della sindrome dell’intestino irritabile.
SACCARIDI:
- fruttosio
- lattosio
- fruttano
- galattano
POLIOLI:
- sorbitolo
- mannitolo
- xilitolo
- maltitolo
I FODMAPs sono un gruppo di carboidrati a catena corta, poco assorbiti a livello intestinale, dotati di un elevato potere osmotico, quindi richiamano acqua nel lume intestinale, e vengono fermentati rapidamente dai batteri intestinali.
La fermentazione di questi prodotti comporta la produzione di gas quali metano e idrogeno che distendono le pareti del colon e causando dolore o fastidio a livello intestinale.
La dieta low FODMAPs
Alcune metanalisi di studi scientifici hanno mostrato come l’impiego di diete low FODMAPs migliori la sintomatologia della sindrome dell’intestino irritabile, in un periodo variabile tra 1 e 6 mesi, in circa il 70% dei pazienti.
In seguito a questi riscontri, le linee guida inglesi per il trattamento della sindrome dell’intestino irritabile raccomandano 4-8 settimane di restrizione di FODMAPs, seguite da una graduale reintroduzione per verificare la tolleranza ad ogni singolo alimento escluso.
Il percorso dietologico deve essere attentamente progettato e monitorato da dietologi esperti per assicurare il rispetto degli schemi dietetici e la possibilità di trovare cibi sostitutivi adeguati, scongiurando, in tal modo, la possibile insorgenza di carenze nutrizionali.
Alimenti ricchi di FODMAPs
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LATTOSIO | latte di mucca, capra e pecora – yogurt – gelato – panna – formaggi freschi
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GALATTANI | ceci – lenticchie – fagioli – soia – broccoli
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FRUTTOSIO | mele – ciliegie – mango – pesche – pere – anguria – ananas – cocco – latte di cocco – frutta in scatola o essiccata – succhi di frutta – asparagi – carciofi – miele – sciroppo d’agave – dolcificanti con fruttosio – ketchup – alcolici – bevande zuccherate
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FRUTTANI | carciofi – asparagi – bietole – cavolini di Bruxelles – cavoli – broccoli – finocchio – cicoria – radicchio – aglio – porri – cipolle – piselli – scalogno – lenticchie – ceci – fagioli – mele – pesche bianche – cachi – anguria – pistacchio – grano – segale – orzo
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POLIOLI | mele – albicocche – ciliegie – pere – pesche – more – susine – prugne – anguria – avocado – cavolfiore – funghi – piselli – dolcificanti artificiali come sorbitolo – mannitolo – maltitolo e xilitolo |
Tra gli alimenti poveri di FODMAPs e quindi consentiti troviamo: latte povero di lattosio, formaggi stagionati, sorbetti alla frutta, banane mature, mirtilli, pompelmo, uva, limoni, lime, frutto della passione, fragole, lamponi, agrumi, kiwi, saccarosio, glucosio, aspartame, sciroppo d’acero, erbette, biete, germogli di soia, peperoncini, lattuga, carote, sedano, erba cipollina, mais, melanzana, fagiolini, pomodori, patate, spinaci, pasta e pane senza glutine, riso e pasta di mais.
Terapia con probiotici
Recenti studi scientifici mostrano che la supplementazione con alcuni ceppi di probiotici (fermenti quali Bifidobatteri e Lattobacilli) possa migliorare la permeabilità della mucosa intestinale e la sua attività immunitaria, impedendo la proliferazione di dei microrganismi patogeni.
L’utilizzo razionale di alcuni ceppi batterici determina un impatto benefico sui sintomi della sindrome dell’intestino irritabile, soprattutto su dolori addominali e flatulenza.